Crisi idrica, il Po in secca ci restituisce i nostri rifiuti. - Aspis Wear

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Di Francesco Lolli.

Il 2018 e il 2019 sono stati anni significativi nella sensibilizzazione riguardo all’ambiente e al riscaldamento globale, nonché esempio lampante di come questo fenomeno stia evidentemente crescendo di intensità e importanza.

La principale e più evidente (per noi) conseguenza dell’aumento delle temperature è a oggi la crisi del tradizionale sistema di piogge e gelate che caratterizzava da sempre il Nord Italia nel periodo invernale quando il clima era rigido e le precipitazioni costanti.

Lo sconvolgimento delle temperature ha portato a uno sconvolgimento generale delle correnti oceaniche e delle correnti d’aria calda e fredda che attraversano il pianeta garantendo un naturale equilibrio di temperature e precipitazioni e l’anno scorso abbiamo visto come l’acqua che normalmente cade nel corso di mesi si sia riversata di colpo e in pochi giorni in un picco di ”saturazione”, sconvolgendo centri abitati e l’ambiente stesso (basti pensare alle foreste del Trentino).

A queste alluvioni, dannose e inutili alle riserve idriche in quanto il carico è stato troppo eccessivo per potersi sedimentare e rientrare in ghiacciai e falde acquifere, si è alternato uno dei periodi di siccità più lunghi della storia idrogeologica recente e l’esempio più evidente è il Po di questi giorni. Il maestoso e impetuoso confine naturale che attraversa la pianura Padana cogliendo in seno le acque di tutti i suoi fiumi (o quasi) generalmente scorreva con una portanza di 2500 metri cubi al secondo, tanto quanto una piscina olimpionica, e allargandosi per oltre duecento metri da una sponda all’altra.

A oggi, però, il fiume è diventato quasi un torrente, perdendo oltre un terzo della sua portata d’acqua e per questo, in soldoni la mancanza di spinta, anche la sua velocità, ristagnando fra sponde vicinissime fra loro (meno di 20 metri da riva a riva, come si vede attraversandolo in macchina sull’autostrada).

Le acque del Po da quando la ricerca sull’inquinamento è iniziata sono da sempre state una cartina tornasole eccezionale per l’indagine sulle cittadine padane come si ricorda dalla”scandalosa” ricerca sulla concentrazione di droghe nelle sue acque per analizzare lo sversamento di acque reflue nel suo tragitto, o come la presenza o meno della vita ittica nei suoi punti di scorrimento più salienti fosse prima, e da secoli, sostentamento per chi vi viveva sulle sponde e poi, la sua mancata presenza, fosse un indice di inquinamento industriale.

Le aree appena a monte del delta, nel Ferrarese, sono state anche -e è da ricordare- teatro di uno dei primi efficaci esperimenti studenteschi volti a prevenire l’inquinamento dei mare quando, ormai venti anni da, sono state installate le prime barriere galleggianti per la raccolta della plastica prima che si riversasse in mare.

Ora i pesci soffrono di nuovo per la mancanza di spazio e di ossigenazione dell’acqua data dalla sua stagnazione per la perdita di ”spinta” (velocità e movimento), e quei fondali sassosi e ghiaiosi ora sono diventati per la prima volta dopo anni spiagge aperte e, purtroppo, ricoperte di rifiuti. Il fondale nascosto e un tempo vorticoso del fiume si è rivelato di nuovo, e coperto dei rifiuti cittadini (dai copertoni, ai telai, passando per anni di spazzatura non biodegradabile) che o erano finiti nel dimenticatoio o non avremmo pensato di trovare in quel posto e in tale quantità, quasi a essere un secondo uniforme fondale.

Come sempre il cerchio si chiude in un’evidente concatenazione di cause e effetti, responsabilità e conseguenze fra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, fra il sistema città e ciò che prima c’era, la sostenta e la ospita.

Molto iniziative si stanno attivando già per approfittare di questo inusuale livello delle acque almeno per pulire dei tratti ora scoperti del fiume ma c’è da sperare che queste tornino a salire e che ci si attivi globalmente per consentirlo, che i campi quest’estate abbiano di che essere irrigati e che la terra, da sempre nera e ricca, non continui a essere sabbiosa e spaccata dal sole. C’è da sperare questo aprile di dover tornare a uscire con l’ombrello.

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